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Come sarebbe da fare

Idris Robinson

Idris Robinson. Trascrizione dell’intervento del 20/7/20 a Seattle.

Vorrei incominciare con un applauso per quello che è successo qui ieri notte (Seattle, 19/7), alla classe lavoratrice e ai ribelli di Seattle: mi è veramente piaciuto ciò che ho visto, per questo sono qui, per sentire quella energia. Vorrei anche esprimere la mia solidarietà ai compagni in Grecia. Sono stati loro a permettermi di fare esperienza dell’insurrezione per la prima volta nel 2008. Le lezioni che ho imparato e le esperienze che ho vissuto si sono rivelate oggi molto utili, anche se siamo in un contesto sociale molto diverso. Inoltre li un compagno è stato ucciso dalla polizia recentemente. Al compagno caduto, Vassilis Maggos, voglio dire: rest in power.

Il titolo che ho scelto merita un po’ di spiegazioni. Si tratta di un riferimento a Chernyshevsky [1], e al romanzo che scrisse da dentro una prigione zarista. Lenin prese in prestito il titolo per il suo pamphlet del 1902, Che fare? [2], che fornisce risposte a quelli che definisce come “problemi scottanti del nostro movimento”: cosa vuol dire costituire un partito avanguardia?  Come diffondiamo coscienza da questo partito avanguardia alla classe lavoratrice? Come passiamo dagli scioperi ad una lotta politica rivoluzionaria complessiva? Più tardi, nel 2011, un testo intitolato “Come fare” appare nella rivista del collettivo francese Tiqqun [3]. Invece di pronunciarsi sugli scopi e sugli obbiettivi che si dovrebbero perseguire, Tiqqun cerca di spostare il focus sui mezzi e sulle tecniche di lotta. Invece di pensare ai fini, hanno riflettuto sui mezzi che dovremmo impiegare.

Il mio obbiettivo qui è molto meno ambizioso. Quanto alla costruzione grammaticale “might should”, dal dialetto del Sud, ho cercato di afroamericanizzare un po’ il titolo. Un discorso serio perché si tratta di tentativi di tesi e proposte: sono d’accordo col fatto che mi venga detto che sbaglio su una qualunque delle cose che dico, se ciò produca una più profonda ed ulteriore discussione sulla strategia. Vorrei veramente aprire un dibattito, e lasciarlo aperto alle persone che vogliano affrontarlo come preferiscono e portarlo avanti. Allo stesso tempo, vorrei che il dialogo fosse onesto. C’è una sorta di postura di cinismo, nichilismo e moralismo democratico che trattiene l’insurrezione. E penso che sia giunta l’ora: stiamo sperimentando una rivolta di una portata che molti di noi non hanno mai vissuto. Anche se dovessimo comparare gli eventi di oggi alla Grecia, questa roba è andata molto oltre. Ci sono molti più martiri in questa lotta di quanti ce ne siano mai stati nella sollevazione greca. È giunta l’ora per un pensiero e una riflessione strategica.

Certamente è strano trovarmi a dire queste cose in America, il posto più controrivoluzionario del mondo. Ma dobbiamo riorientarci e prendere sul serio queste domande. La posta in gioco si è alzata e ora è veramente alta. È tempo che ci riflettiamo seriamente.

1. Una sollevazione militante nazionale è di fatto avvenuta. L’ala progressista della controinsurrezione cerca di negare e disarticolare questo evento.

L’ovvio non è sempre così ovvio.

Lo abbiamo visto tutti. Tutti abbiamo visto cosa è avvenuto dopo l’assassinio di George Floyd. Quanto accaduto è stato una ribellione estremamente violenta e distruttiva. Si è trattato di un fenomeno come non ne abbiamo visti di simili in America negli ultimi 40 o 50 anni. Davvero pochi tra noi hanno fatto esperienza di qualcosa di questa magnitudine: un commissariato è stato immediatamente dato alle fiamme a Minneapolis, dopodiché intere città sono andate a fuoco – New York, Atlanta, Oakland, Seattle. Sono state rapidamente fatte comparazioni con le rivolte dopo l’assassinio di Martin Luther King. Tuttavia, penso che stavolta siamo andati oltre, penso che il 2020 sia più duro del 1968, e che non abbiamo ancora finito.

A dispetto di tutto ciò, i riformisti hanno avuto l’audacia di affermare che tutto ciò non è mai effettivamente avvenuto. Tentano di fare sparire le macchine della polizia bruciate, di cancellare dalla memoria i commissariati in fiamme, come se non fosse successo. Sento lo stesso canovaccio, ancora e ancora: qualcuno appare nei telegiornali, un attivista politico pronuncia un discorso, e li ascoltiamo dire qualcosa del tipo “le proteste sono state pacifiche e non violente, sono state nei limiti della legge e dell’ordine”. No: gli spari agli sbirri a St. Louis non sono stati un fatto nei limiti della legge e dell’ordine. Hanno fatto del loro meglio per fare scomparire questo evento. Uno si chiede su quale pianeta vivano per collocare dentro confini civili un commissariato bruciato.

Questa delusione è qualcosa sulla quale dobbiamo riflettere. In ultima analisi, è qualcosa di più di una delusione. Ciò accomuna in verità tutti i liberal progressisti che chiacchierano su cosa è accaduto quest’estate. Dai democratici di Biden a virtualmente tutti i media mainstream non affiliati con Fox News, alla gente di Black Lives Matter TM, l’ordine del giorno promosso da tutti questi gruppi è l’affermazione che l’insurrezione non abbia avuto luogo. Ho letto anche un recente studio di una certa agenzia di consulting che vorrebbe dimostrare con dati quantitativi che le proteste hanno avuto una natura veramente civile. [4]

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Il punto è che, qualsiasi statistica o grafico disegnino, nulla potrà cancellare il fatto che le auto della polizia sono state incendiate a dozzine nelle città americane. Allora perché i liberal finiscono per avere bisogno di fare salti mortali come questi per cancellare quest’insurrezione o questa sollevazione? Perché le braccia più violente della legge e dell’ordine – p.e. il Procuratore Generale William Barr – sono le sole voci ascoltabili oggi disposte a riconoscere che la sollevazione è avvenuta? Occorre riflettervi in profondità.

Quel che è in questione è più di una momentanea perdita di lucidità. Questa è una strategia di negazione, una strategia controinsurrezionale di riforma per eccellenza.

Inconsciamente, i liberal riconoscono che una insurrezione è avvenuta. Non possono ignorare le vetrine spaccate ieri nelle strade di Seattle. Ma quel che vogliono è degradare il significato di questi eventi che significano tanto per noi, e che cerchiamo continuamente di moltiplicare. Loro vogliono ristabilire e riaffermare sé stessi, ma in una direzione diversa. In ultima analisi, quello che vogliono è bloccare le possibilità che la rivolta ha aperto, dissuaderci dall’andare avanti in questa sollevazione. Ossia come tutti i riformisti liberal democratici, quello che stanno tentando di fare è di sfruttare la fiammata per far sì che qualche cosa cambi, ma solo un po’ – che è come come dire per nulla.

C’è oltre a questo anche un elemento morale, un profondo problema etico. Quest’ala della controinsurrezione è precisamente una via ulteriore rispetto a quelle che il sistema ha trovato per gestire e sfruttare la morte dei Neri. Qui devo ricordare ( e ci ritornerò) che ci sono decine di giovani neri che hanno perso le loro vite nella rivolta, e che attivisti, giornalisti “impegnati”, politici progressisti di tutte le sfumature, e anche i cosiddetti attivisti BLM traggono profitto dalla loro morte. Questa è una narrativa ininterrotta nella società americana, e non finirà adesso senza che noi facciamo qualcosa.

Negando l’avvenimento cercano di oscurare la verità rivoluzionaria che si è inaugurata nelle strade. Vogliono estinguere il presente che abbiamo provocato. Vogliono fiaccare le nostre energie mentre propongono aggiustamenti superficiali e palliativi per preservare il sistema. La storia americana è la storia dei tentativi di riforma delle relazioni razziali. Se non lo hanno capito bene a questo giro, non lo capiranno mai.

Qualsiasi cosa facciano, qualsiasi lieve cambiamento realizzino, rimarrà sempre una pulsione insaziabile a brutalizzare e uccidere le persone Nere. Chiunque approfitti di quel tipo di cambiamento è complice di questo assassinio. Se blocchi la traiettoria rivoluzionaria della ribellione, hai il sangue sulle mani. Chiunque rimane complice del sistema è il nemico, tout court.

Di contro, la Destra ha adottato l’approccio opposto all’evento. A parte noi rivoluzionari, sono le sole voci oggi che riconoscono che la ribellione è avvenuta. Vi è un’onestà illuminante in quel che dice William Barr. Mettiamola così: prima di potere schiacciare con la forza ed eventualmente sopprimere un’insurrezione, deve anzitutto riconoscere che ne è avvenuta effettivamente una. In questo senso, vi è dell’onestà nelle parole di Trump. Trump e il suo intero codazzo della Fox, tutti coloro che rivendicano legge e ordine, non hanno altra scelta se non di riconoscere l’esistenza della sollevazione, precisamente perché vogliono debellarla. Proprio oggi, Trump ha dichiarato in tv che intende inviare truppe d’assalto federali non solo a Portland ma a New York; Philadelphia e Chicago. [5] Per giustificare questa scelta, deve riconoscere che la sollevazione sia effettivamente avvenuta. Questi sono i due campi nei quali i nostri avversari possono essere divisi, il volto di Giano bifronte dello Stato che oggi affrontiamo.

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Inoltre, la ribellione mostra ai liberali cosa significa definanziare la polizia a metà, invece di abolirla e superarla distruggendola. Se qualcuno crede che basti prendere una serie di piccole misure e soluzioni veloci, o che possano ri-formare e preservare la polizia in quanto forza semplicemente rimpicciolendola – bene, il risultato è quello che sta accadendo adesso a Portland. Prendetelo come esempio per i liberali. Dall’altra parte, coloro che riconoscono che un cambiamento è effettivamente occorso, e che ora cercano di schiacciarlo, sono tipicamente più allineati con le traiettorie e le politiche fasciste, in quanto sono tipicamente le stesse persone che sentono il bisogno di sognare e difendere una sorta di immutabile, eterna e trascendentale idea di legge, ordine, e supremazia bianca. Qualsiasi cosa devii dall’ideale, questo lato fascista dell’ordine cercherà di annichilirla. Per tale ragione, devono rifiutare quelle stesse riforme che i liberali tentano di portare avanti. Per esempio, è per questo che Trump è così irritato sul cambiamento dei nomi delle basi militari. La questione in sé non conta nulla, ma la forma di potere che egli rappresenta non può sostenere questo tipo di cambiamenti, e cerca invece di spezzare e piegare l’evento stesso (dell’insurrezione) dentro i suoi binari.

Vi è una sola strada per affrontare quest’ala fascista dello stato: loro operano con la violenza, e noi rispondiamo con una violenza che è più potente. Tuttavia, per quanto riguarda l’altro lato più riformista, che aspira a negare l’evento per incorporarlo ai suoi obiettivi, dobbiamo essere più sottili nell’affrontarlo. Dobbiamo essere più ingannevoli, come la volpe di Machiavelli. L’onestà non è il loro modo di operare. Hanno sempre cercato di negare ciò che è proprio sotto i nostri occhi. Dobbiamo agire nei loro confronti con inganno e sovversione: dobbiamo doppiamente raggirarli.

Quanto a questi due lati dello stato, non voglio dire che uno sia in qualche modo più nefasto dell’altro, ma semplicemente che questi sono i due lati che dobbiamo affrontare, e infine sconfiggere.

2. Per quanto aperta da un’avanguardia Nera, questa ribellione largamente multietnica ha fatto in modo di travalicare spontaneamente le divisioni razziali codificate. Il contenimento della rivolta aspira a ristabilire queste linee di separazione rigide e a vigilare i loro confini.

Per iniziare, va detto che gli ex schiavi africani e i loro antenati sono stati l’avanguardia di qualsiasi cosa in questo paese. Non vi è cultura in America, in questa landa desolata americana, senza di noi. Non c’è musica classica: c’è il jazz, e lo abbiamo inventato noi. E a parte ciò, l’America non ha nulla da offrire al mondo e non ne ha mai avuto.

Tuttavia, ho usato il termine avanguardia in un senso più specifico. Non ci sono leader. Non siamo stati leader della rivolta. Siamo stati l’avanguardia che l’ha aperta, l’abbiamo innescata, l’abbiamo iniziata. Ciò che è seguito è stata una sollevazione estremamente multietnica, e i riformisti faranno qualsiasi cosa in loro potere per fare sì che questa verità sia cancellata. Se siete stati nelle strade, sapete che trovavate gente di ogni tipo. Differenti corpi, differenti fattezze, differenti generi, hanno manifestato sé stessi insieme nelle strade.

Vi sono molti discorsi su come farla finita con il razzismo, specialmente nei circoli ufficiali e accademici. Noi come farla finita con il razzismo lo abbiamo imparato nelle strade le prime settimane dopo l’assassinio di George Floyd.

Solo dopo che la sollevazione ha cominciato a rallentare ed esaurirsi i becchini e i vampiri della rivoluzione hanno iniziato a ristabilire le linee della razza e ad imporre un nuovo ordine sulla rivolta. La versione più sottile è venuta dagli stessi attivisti. I nostri peggiori nemici sono sempre i più vicini a noi. Siete stati tutti a quei cortei, quei ridicoli cortei, dove “i bianchi davanti, i neri al centro” – questa è appunto un’altra maniera di reimporre quelle linee in una forma più sofisticata. Ciò a cui dobbiamo aspirare è quanto abbiamo visto nei primi giorni, quando questi veri e propri confini hanno iniziato ad essere dissolti.

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Il più devastante esempio di come le linee e i confini della razza vengono reimposti viene dal caso della compagna storica di Rayshard Brook, Natalie White, che offre la più clamorosa dimostrazione di questa gestione razziale in molti anni. White è stata additata da attivisti cosiddetti “impegnati” di Twitter per il suo coinvolgimento nelle proteste ad Atlanta sull’assassinio del suo compagno. Alla fine l’hanno implicata nell’incendio del fast food Wendy’s dove Rayshard era stato ucciso. Spetta a noi non dare mai spazio a questo tipo di costrutti borghesi sulla colpevolezza o l’innocenza. Che abbia avuto una parte in quella distruzione o meno, non la giudico in nessun modo. Non spetta a noi, noi siamo solidali in ogni caso. Ma io accuso, io incolpo questi aspiranti benefattori, questi attivisti “impegnati” di Twitter che l’hanno implicata in quanto accaduto. Io incolpo esclusivamente questi attivisti, e Rayshard Brooks li incolpa dalla tomba.

L’ordine definisce nettamente le categorie di persone – queste sono le prerogative dei secondini, della polizia. Noi dovremmo ricordare l’esempio di John Brown, che fu spesso criticato dai suoi cosiddetti alleati e amici per essersi relazionato ai Neri in un modo che ritenevano inaccettabile. Se conoscete il modo in cui John Brown si è relazionato ai Neri ai suoi tempi, capirete che fu criticato per essersi relazionato ai Neri come esseri umani. Ogni volta che varchiamo questi confini razziali e ci incontriamo come esseri umani, è allora che veniamo criticati, specialmente dalle parti più avanzate della controinsurrezione. John Brown fu pesantemente criticato per la sua promozione di tattiche militanti, e Frederick Douglass fu tra i suoi più aperti critici per il suo appoggio all’insurrezione. Douglass avrebbe in seguito cambiato idea, ma la storia avrebbe provato che Brown era nel giusto: la sola via per abolire la schiavitù è attraverso l’insurrezione violenta. La storia lo ha ora in buona parte riabilitato. Ma quello su cui vorrei riflettere insieme è questo: se John Brown fosse vivo oggi, come sarebbe? Come si comporterebbe? John Brown sarebbe in galera accanto a Natalie White per avere varcato quei confini.

3. Eludendo il nucleo libidinale morboso della supremazia bianca, la politica dell’identità, l’intersezionalità, e il discorso del privilegio sociale costituiscono il settore più sofisticato di questo apparato di polizia.

Ci siamo tutti venuti a contatto ad un certo punto, in particolare se siamo stati coinvolti per un po’ nella politica. Sappiamo che la identity politics, questo discorso sul “privilegio bianco” e ciò che la gente chiama “intersezionalità” – rafforzano le linee razziali che cerchiamo di sormontare. Se mai ciò ha avuto un’utilità o uno scopo, la sollevazione, a questo punto, l’ha soppiantato. Lasciatemi approfondire queste idee una per una.

Privilegio: penso che tutti sappiamo, o tutti possiamo ammettere, o tutti dovremmo ammettere, che il privilegio è diventato un concetto puramente psicologico. Vi è una lunga storia della nozione di privilegio bianco. Essa risale a W.E.B. Du Bois, a Theodore Allen, a Noel Ignatiev, a Harry Haywood. Per ognuno di questi autori, si trattava di una costruzione teoretica il cui fine era incitare i lavoratori bianchi a scioperare al fianco dei Neri. In qualche modo in questo meandro che è la politica americana, la nozione è diventata psicologica, un modo per fare stare bene i bianchi riguardo la loro colpa. Se guardate, per esempio, al testo essenziale di Peggy McIntosh sul privilegio bianco, parla del privilegio di masticare con la bocca chiusa. Non me ne frega un cazzo di masticare con la bocca chiusa. [6]

Sull’intersezionalità: ne ho parlato al Red May quindi non voglio entrarci troppo qui, ma come John Clegg e io cerchiamo di mostrare, le presupposizioni implicate dall’intersezionalità stanno diventando empiricamente false. [7] Quello che i dati stanno iniziando a indicare è che, per esempio, ci sono più donne nere a fare le guardie carcerarie di quante ne finiscano in prigione. Ciò non discredita la lotta e la condizione della donne nere, ma in quanto costrutto, l’intersezionalità mostra i suoi limiti. Di fatto, vi sono più donne bianche incarcerate che nere, per strano che possa sembrare. Mentre per gli uomini neri, sappiamo tutti che in galera ci vanno e ci restano.

Qualsiasi cosa l’intersezionalità abbia voluto ottenere un tempo essa non è più percorribile o praticabile come una guida per noi. Nel mio intervento al Red May, ho proposto di ritornare alle basi del femminismo Nero. Abbiamo bisogno di categorie che comprendano la lotta delle femministe Nere oltre l’oppressione che il sistema infligge loro. Ho citato il libro di Toni Cade Bambara intitolato La Donna Nera (1970), nella cui eccellente prefazione rifiuta di definire cos’è una “donna Nera”. Non dice che una donna Nera è l’intersezione di due oppressioni: non dice che le donne Nere sono ai margini di due sistemi differenti di gerarchia. Ciò che argomenta, invece, è che le donne Nere sono una possibilità aperta da comprendere ulteriormente attraverso la loro attività rivoluzionaria. Al posto dell’intersezionalità come un discorso di oppressione sistemica, quello che abbiamo bisogno di fare è di recuperare l’idea del femminismo nero come un discorso di lotta.

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Infine, per aprire questa definizione di cosa e chi siano le donne Nere, Toni Cade Bambara diceva che le donne Nere non possono essere costrette in alcuna identità statica imposta. Di sicuro sono qualcosa di più. Se guardiamo alla storia delle persone Nere in questo paese, siamo sempre stati qualcosa di più di ciò che è stato sbandierato su di noi.

Identity politics, internsezionalità, e discorso del privilegio sociale: sono tutte modalità della polizia.

Di più, e soprattutto, c’è che ognuno di questi discorsi ignora la politica libidinale, morbosa e terrificante, che sottende la razza in questo paese. Ci è voluto qualcuno coraggioso come James Baldwin per dirlo, e ognuno ha tuttora paura di ripeterlo. Se leggete il suo fenomenale racconto, “Stamattina stasera troppo presto (Going to Meet the Man)”, [8] potete cogliere acutamente le dinamiche del razzismo in questo paese. Per sintetizzare brevemente la storia: comincia nella camera da letto di una coppia bianca eterosessuale. L’uomo bianco sta lottando con l’impotenza. Come supera la sua impotenza? Torna con la memoria alla volta in cui da bambino era stato portato a un linciaggio. In questo linciaggio il cadavere era stato non soltanto mutilato, era stato mutilato sessualmente, ed erano stati dati a lui i genitali. Solo dopo aver ricordato di avere maneggiato quei genitali, è in grado di avere un’erezione.

Si tratta di una faccenda profonda. A nessuno piace parlarne. Ma questo è il nucleo del razzismo che dobbiamo toccare. Soprattutto, penso che nessuno voglia toccare questa parte del problema della razza perché vi siamo tutti implicati. È ovvio che i liberali bianchi si eccitino sui video di assassinii di Neri. È addirittura più ovvio che ci siano liberali Neri che sono più che felici di postare questi video per i loro obiettivi di carriera. Finché non terremo in conto queste pulsioni libidinali nel razzismo, non saremo in grado di spiegare come e perché Ahmaud Arbery è stato ucciso. Non ha nulla a che fare con la polizia. Ha a che fare con che cosa fa andare avanti la società americana come tale.

4. L’insorgenza non può essere confinata dentro alcuna categoria sociologica ben circoscritta. Eccedendo necessariamente ogni classificazione, è un residuo escluso che si distacca da tutto ciò che tiene insieme la desolazione americana. Di conseguenza, questa formazione combattente può essere definita solo nei termini del suo movimento e del suo sviluppo, come quello che è emerso nelle prime settimane della rivolta e che si dissolverà al momento del pieno compimento del progetto rivoluzionario.

Come detto in precedenza, ogni tipo di persona concepibile ha partecipato alla rivolta. Ciò può essere confermato da chiunque abbia partecipato alla rivolta stessa. Non c’è una categoria che possa riassumere tutti quelli che c’erano. Il meglio che possiamo dire è che quello che abbiamo visto era l’inclusivamente-escluso, o la parte dell’America che non vi ha parte, e che non vuole avere nulla a che fare con questo posto. Dal momento che una formazione può solo essere compresa da come si muove, fuori e dentro lo stato di cose presente, essa può essere tracciata solo dalla sua traiettoria: contro lo stato e il capitale, contro la società americana. Sta a noi, adesso, approfondire e rafforzare questa organizzazione spontanea, così da arrivare insieme a qualcosa di ancora più terribile, ancora più forte, di quello che abbiamo visto la scorsa notte. Qualcosa che spacchi in due la società americana.

5. La cosiddetta leadership Nera, pertanto, non può esistere e non esiste. Essa è una chimera che alberga esclusivamente nell’immaginazione liberale bianca.

Lo sentite dappertutto. L’ho sentito da ogni città, da ogni amico che mi ha scritto. Se chiamavo un amico e gli chiedevo, “Ehi, cosa è successo a New Orleans?”, o “Cos’è successo a Chicago?”. Se vi erano stati scontri, se la gente si era data da fare, non c’era menzione di alcuna leadership Nera. Se le cose si erano fermate, se erano state banalizzate, non si parlava d’altro che di una leadership Nera.

Il fatto è che io non ho mai conosciuto nella mia vita un leader Nero. Perché? Perché non esistono. Se ci sono leader Neri, sono morti come Martin e Malcolm. Se vali qualcosa, sarai ucciso. Se ci sono leader Neri, sono in galera con Mumia e con Sundiata. Se ci sono leader Neri, sono in fuga con Assata.

C’è una sola categoria di persone che parlano di leader Neri, e li conosciamo come liberali bianchi. La leadership Nera non è altro che un’invenzione e un’allucinazione che esiste esclusivamente nell’immaginazione della mente del liberale bianco. La cosa strana è che in qualche maniera i liberali bianchi hanno più contatti con leader Neri di quanti io ne abbia avuti in tutta la mia vita. E’ come se un canale collegasse direttamente la leadership Nera alla loro testa.

Sono state proposte delle ragioni sul perché la formazione classica della leadership Nera non esista più. Un argomento, che può essere tratto da molti dei nuovi studi sociologici (un lungo articolo in proposito anche sul New York Times), assume che sviluppare una leadership egemonica del tipo che abbiamo conosciuto nel passato richiede ddi solito una classe media consistente. Ma se guardate alle statistiche degli ultimi 40 anni, la classe media Nera è sempre stata costantemente a rischio. E meno male che rimanga così, francamente. Ma è davvero difficile definire cosa sia esattamente la classe media Nera. Se dite che è quel gruppo ben definito, e siete in grado di circoscrivere quel gruppo ben definito, esiste specificamente dentro la comunità bianca. Per parlare un po’ più personalmente a partire dalla mia esperienza a New York, faccio fatica a credere di poter incontrare un membro affermato della classe media Nera in tutta la mia vita, meno che mai di ascoltare la loro retorica e il loro nonsense. Ma non è più un problema reale.

Perché il liberal bianco o la liberal bianca hanno bisogno di allucinarsi e inventare una leadership Nera per sé stessi? In ultima analisi, perché il bianco ama la proprietà. La proprietà gode in un prestigio speciale nella vita americana, ha una speciale aura di santità. Troviamo sempre questi appelli a una leadership Nera dai liberali bianchi ogni volta che le vetrine cominciano a rompersi. C’è una ragione molto importante per questa particolare aura di santità di cui la proprietà gode in America, come molti storici stanno cominciando a confermare ed argomentare. [9] Per gran parte della sua storia, in America la proprietà più importante è stata quella di esseri umani, legati ed incatenati. Dobbiamo trasformare in arma questo argomento, e dire che ogni volta che la proprietà viene protetta, viene protetta per scopi suprematisti bianchi. Se la proprietà è davvero il perseguimento della felicità, in quel terzetto di vita, libertà e perseguimento della felicità, l’esistenza di tale felicità e proprietà è fondata sulla negazione della vita dei Neri e sulla negazione della libertà dei Neri. Quindi la protezione della proprietà è qualcosa che dobbiamo esplicitamente attaccare.

6. La crisi in corso deriva da una contraddizione che procede dall’aspetto da Giano bifronte della governance americana post guerra fredda: una inconsistenza tra le esigenze dello stato imperiale sovrano e la sicurezza biopolitica globalizzata. Come risultato, il centro metropolitano ha iniziato a sperimentare il tipo di caos e instabilità classicamente intessuto nella periferia coloniale.

Questa dinamica cattura la situazione nella quale stiamo vivendo oggi, e che abbiamo sperimentato acutamente nei mesi scorsi.

Da un lato, abbiamo la sovranità dello stato, la nozione classica dello stato. Seguendo Schmitt, ma soprattutto seguendo Agamben, la fondazione paradossale dello stato prova la sua importanza per il modo in cui opera. Per definire lo stato, lo stato deve impiegare misure extralegali ed extragiudiziali per fondarsi. Ogni volta che lo stato si fonda, deve andare al di fuori dalla legge che cerca di creare. Quello che è accaduto classicamente, e ne abbiamo molti esempi storici in America, è che ogni qualvolta vi è una crisi, lo stato impone una sorta di stato di eccezione per creare l’ordine del quale ha bisogno per riaffermarsi.

Come abbiamo visto, ad esempio, nella Guerra Civile Americana, nelle due Febbri Rosse, e più recentemente nella Guerra al Terrore, la branca esecutiva del governo si è continuamente mobilitata oltre i suoi parametri e confini formali.

Lo vediamo oggi specialmente con Trump. Trump sta usando e abusando dei suoi poteri esecutivi, ma è meglio dire che li sta usando nel modo in cui erano stati destinati a essere usati. Quello che era originariamente il territorio della branca legislativa è stato ora requisito da Trump stesso.

Questa componente degli Stati Uniti che si affermano si è mostrata anche nelle guerre esterne. Dobbiamo tenere a mente, e ci tornerò sopra in seguito, che – e per varie ragioni questo fatto è stato minimizzato negli scorsi 20 o 30 anni – l’America è il solo potere imperiale nel globo, e si sostiene aggressivamente in giro per il mondo. Dopo il collasso della Unione Sovietica e la Guerra Fredda, abbiamo visto che gli Stati Uniti sono diventati il poliziotto, o il soldato d’assalto, del mondo intero. Questo è un lato della governance.

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È importante confrontare questa con l’altra forma della governance, che è tipicamente chiamata disciplina biopolitica, o sicurezza biopolitica. Quest’ultima differisce dall’ordine pubblico praticato dallo stato classico. Piuttosto, indica la gestione delle vite. Se lo stato uccide, la biopolitica si preoccupa della protezione di quelle vite – per i propri scopi, naturalmente.

Il più recente regime di controllo biopolitico è conosciuto come “sicurezza”. Quello che la “sicurezza” fa è di lasciare che un evento accada, così da gestire poi tale evento. Eventi che variano. Possono essere qualcosa come le pandemie, come la pandemia del COVID-19 che stiamo attraversando adesso; possono essere carestie, o disastri come Katrina; e possono essere anche insurrezioni come quella che stiamo auspicabilmente fomentando ora. Lo stato in queste circostanze compie un calcolo statistico e cerca di trovare i termini accettabili nei quali può lasciar accadere eventi come le pandemie, trattenendoli dentro confini nettamente circoscritti.

In aggiunta al paradosso dello stato che vediamo nello stato di eccezione, vi è anche uno strano paradosso biopolitico della prevenzione che stiamo sperimentando proprio adesso. Il paradosso opera tipicamente in questo modo: dopo i disastri – ossia, una pandemia o una carestia – vi è una pulsione nel dispositivo di sicurezza a iniziare a prepararsi per il prossimo disastro a venire. Dopo la SARS negli anni 2000, vi fu un grande sforzo per essere preparati alla pandemia successiva. Questa iper-prevenzione è quindi finita nel cassetto quando è apparso chiaro che l’epidemia seguente non si sarebbe presentata quando ci si aspettava si presentasse. Il famoso antropologo medico Andrew Lakoff ha portato l’attenzione su tale paradosso, che abbiamo conosciuto di nuovo di recente. Ci sono stati preparativi per affrontare le pandemie, ma i piani sono stati derubricati, così quando il COVID-19 è arrivato non eravamo ancora pronti. Stiamo affrontando due differenti tipi di paradosso: uno che deve avventurarsi fuori da sé per trovarsi, e l’altro un ciclo di prevenzione che costantemente genera impreparazione.

C’è il lato legale e quello statistico dello stato, lo stato nazione nella sua forma classica e questa operazione di sicurezza più globale. Si potrebbe argomentare che queste due direttrici stiano collidendo tra loro e formando una crisi di qualche sorta.

Da una parte i mezzi legali sono stati in una situazione di crisi costante: Trump non può proprio fare bene niente. Qualsiasi cosa faccia sembra che gli si ritorca contro, e non sembra mai essere la cosa peggiore. Trump e la sua mente delusa è diventato un agente dell’anarchia. [10] Adesso naturalmente non pensa di esserlo – sta a noi, quando regna questo caos, di utilizzarlo per i nostri scopi. Quello che sto dicendo è che dobbiamo abitare questo caos che lo stato si sta infliggendo.

Diversamente da liberali e riformisti, noi non siamo qui per riaffermare e ristabilire legge e ordine. Non siamo qui per trasformare l’America in una grande safe space. Siamo qui per rendere il caos e il disordine più terribili di quanto siano mai stati.

Dobbiamo fare quello che i rivoluzionari hanno sempre fatto: dobbiamo rendere insostenibile la contraddizione.

7. Come gli schiavi ribelli fecero nelle ondate periodiche di febbre gialla ad Haiti, c’è un sapere partigiano nascosto da scoprire attorno alla nuova pandemia del coronavirus che può essere sfruttato e trasformato in arma contro il potere stabilito.

Nel migliore libro del Partito Immaginario, titolato Ai nostri amici [11], gli autori menzionano un pamphlet pubblicato dal CDC (Center for Disease Control and Prevention, NdT) nel 2012 sulla prevenzione dei disastri. [12] È una parte che i Tiqqunisti americani tendono a non menzionare. Per rendere la prevenzione dei disastri opportuna e appetibile per i giovani, il CDC invoca l’esempio della preparazione a un’apocalisse zombie. Il loro argomento di base era che se la gente può prepararsi a un’apocalisse zombie, sarà capace di prepararsi per un disastro naturale come un’alluvione, un uragano, una pandemia, o anche un’insurrezione.

Il Comitato Invisibile argomenta nel suo libro che questa paura degli zombie ha una storia lunga e razzializzata, legata in termini precisi alla paura del proletariato Nero. E l’altro lato di questa paura che non vuole essere menzionato, che rifiuta di essere menzionato o che è represso, risiede nella paranoia della classe media bianca rispetto alla sua stessa inutilità.

Se guardiamo indietro nella storia degli zombi, la figura dello zombie era apparsa con il voodoo utilizzato durante la Rivoluzione Haitiana. Vi fu una persona chiamata Jean Zombi che finì per prenderne il nome perché aveva partecipato al massacro degli schiavisti. Quello che penso sia particolarmente istruttivo per i nostri propositi oggi è che gli insorti haitiani erano perfettamente coscienti di poter usare la pandemia della febbre gialla contro i loro ex padroni e contro l’esercito, che fosse l’esercito di Napoleone o più generalmente il partito dell’ordine. Gli insorti aspettavano finché non fosse arrivata l’ondata di febbre gialla. Sapevano che l’esercito dei loro ex schiavisti sarebbe stato divorato dalla pandemia, e sapevano anche di aver acquisito un’immunità da questa pandemia. Perciò aspettavano finché l’esercito era stato decimato dalla febbre gialla, e allora lanciavano i loro attacchi guerriglieri.

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Quel che sto sostenendo per il caso nostro è qualcosa di molto simile. Sappiamo tutti che la persone Nere ed ispaniche sono state affette in misura sproporzionata alla pandemia del COVID. Questo è un problema medico. Ma è molto più che un mero problema medico-scientifico, è un problema politico. Dobbiamo rigettare il tipo di politica liberale sanitarizzata di sicurezza che è impaurita dalla pandemia che è in larga parte un discorso sanitario su maschere, distanziamento, ecc. So che ora è una questione politica. Non sto difendendo le teorie cospirazioniste secondo le quali la pandemia non esiste, o è solo un’influenza, ecc. Quello che sto proponendo qui è lo sviluppo di una forma di sapere partigiano – o il nostro sapere sulla pandemia – che sfrutti la pandemia per il nostro bene, e usi la conoscenza della pandemia come un’arma contro i nostri nemici.

8. L’insurrezione comporterà la precisa coordinazione dentro la costellazione delle rivolte: l’organizzazione paradossale del disordine oltre ogni misura di controllo. Coerentemente, il problema dell’insurrezione ha in parti uguali dimensioni sociali e tecniche.

Quello che sostengo è un ordinamento paradossale del disordine, una Organized Konfusion (per quelli che ricordano il gruppo rap). Per fare questo, dobbiamo studiare le tattiche: dobbiamo guardare esattamente a cosa è stato distrutto; cosa è stato saccheggiato; e come e perché le occupazioni sono state efficaci o inefficaci. Abbiamo bisogno di pensare strategicamente il caos che infliggiamo nelle strade.

Di più, abbiamo anche bisogno di anticipare nuove forme di tattiche, lotte e strategie che emergeranno, per intensificare queste lotte e tattiche. Possiamo anticipare che occupazioni e scioperi degli affitti stanno per accadere nel prossimo futuro a causa della minaccia incombente di sgomberi che si sta presentando in tutte le nostre città gentrificate. Ma penso che abbiamo bisogno di andare oltre queste lotte difensive e di essere più creativi e iniziare tattiche che vadano all’offensiva. Di fatto, quel che sto sostenendo è di impiegare l’intero arsenale delle strategie e delle tattiche proletarie – dalle rivolte, agli scioperi, ai blocchi.

Ma abbiamo bisogno di essere creativi nelle nostre tattiche e strategie. Come abbiamo visto nei recenti attacchi hacker su Twitter, essi sono altrettanto importanti. E’ importante essere creativi nel modo in cui dispieghiamo queste strategie e tattiche.

Qual è l’equivalente moderno della centrale telefonica a Barcellona che fu così selvaggiamente contesa durante i Giorni di Maggio nel 1937? Qual è l’equivalente moderno della ferrovia di San Pietroburgo che gli operai insorti contesero così duramente nella Russia rivoluzionaria? Abbiamo un problema unico, il fatto che viviamo in un paese enorme. Abbiamo bisogno di elaborare maniere creative di spezzare questa distanza e utilizzarla per i nostri scopi, cioè come puro mezzo.

9. Materializzare lo spettro sempre presente di una seconda guerra civile, più balcanizzata, frammentando i frammenti dell’impero in rovina.

Almeno da quando Trump è stato eletto e si è installato alla presidenza, l’archetipo della guerra civile è diventato incombente su questo paese. Ci sono ragioni storiche per questo. Da quando la Guerra Civile Americana è stata per alcuni la più traumatica esperienza che questo paese abbia collettivamente conosciuto, e per altri la più liberatoria, essa resta una figura continuamente richiamata nell’immaginario collettivo. Ma penso vi siano anche ragioni strutturali. L’operazione fondamentale dello stato opera allontanando lo spettro ubiquo della guerra civile. Lo Stato in quanto tale può essere inteso come ciò che blocca e inibisce la guerra civile. Quel che è unico quanto a questo paese è la nostra singolare tradizione di emancipazione, che è essa stessa legata alla nostra comprensione della guerra civile.

Potrei qui altrimenti citare l’eccellente autobiografia di Kenneth Rexroth, dove spiega che gli abolizionisti radicali che presero parte alla Guerra Civile diedero i natali a figli che diventarono la prima generazione del movimento operaio americano socialista, anarchico e comunista. [13] Ma penso che il miglior esempio venga dal classico di Du Bois, Black Reconstruction. [14] Fu lo sciopero generale proletario degli ex schiavi che piantò il chiodo finale nella bara della schiavitù. È precisamente questo lignaggio di una guerra civile emancipatoria, liberatoria, ma nondimeno violenta, che ha bisogno di essere aggiornato per il suo secondo avvento. Un altro precedente importante è la tesi  della “Cintura Nera” di Harry Haywood. Come membro del comitato centrale del Partito Comunista USA, Haywood argomentò che la rivoluzione negli Stati Uniti d’America avrebbe comportato uno stato Nero indipendente nel Sud. Penso che ciò non sia più praticabile, ma ritengo ciò con cui era alle prese, e che cercava di risolvere, fosse il problema della rivoluzione in un paese che è semplicemente smisurato.

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La rivoluzione qui ci presenta un problema di scala. È perciò, io credo, che Haywood argomentava la divisione dell’America. Non abbiamo un precedente storico di una rivoluzione in uno stato così vasto, industrializzato e moderno, dunque abbiamo un problema unico con cui cimentarci.

Non so come ciò si presenti esattamente. Quel che è certo è che questo paese sta ormai iniziando a rompersi e frantumarsi, e sta a noi romperlo e frantumarlo ulteriormente, in così tanti pezzi che non possa mai essere rimesso insieme.

La rivoluzione, qui più che in qualsiasi altro posto, implicherà l’opera disordinata della divisione. Anche qui, abbiamo un problema unico, perché dobbiamo evitare il nazionalismo piuttosto aggressivo, ripugnante e pericoloso che ha avuto corso in altri casi di guerra civile cui abbiamo assistito negli scorsi quarant’anni. Non auspico altre serie di guerre yugoslave, né auspico quanto è accaduto in Siria. Nondimeno, dobbiamo sfruttare la guerra civile come una forza emancipativa liberatrice. L’obiettivo fondamentale è scomporre l’America in una costellazione di comuni federate.

10. La realizzazione del progetto rivoluzionario è in un ultima analisi un ineludibile obbligo etico che ognuno di noi ha con i morti e gli sfruttati.

A rischio di apparire ingenuo, credo sinceramente che le rivolte cui tutti abbiamo assistito, e si spera partecipato, quest’estate hanno aperto la finestra sull’insurrezione e persino a una rivoluzione vera e propria. È possibile che io abbia travisato le potenzialità che sono emerse. Tuttavia, è assolutamente impossibile per chiunque avere partecipato alla sollevazione in corso senza aver inalterabilmente cambiato il proprio animo. Perché per quanto mi concerne, e so che è così per molti di voi, sentiamo la rivoluzione nel nostro profondo, e questo cambia il nostro stesso sguardo, l’approccio a come viviamo le nostre vite. Tutto il cinismo pervasivo, tutto l’egoismo razionale, tutto il nichilismo, tutto quanto è costitutivo del tipico cittadino americano viene gradualmente logorato dall’insurrezione e dalla sollevazione.

Ciò ci mostra che la rivoluzione è davvero oltre noi, davvero oltre ciascuno e tutti noi qui. Sorpassa tutti i confini disposti dall’individualismo americano. Ci forza a guardare infine oltre noi stessi e riconoscere che l’America ha seminato distruzione come un potere imperiale sul globo per un secolo.

E la lotta non è solo per i vivi, ma anche per i morti. Noi dobbiamo la rivoluzione ai milioni di schiavi che non hanno mai conosciuto un secondo di libertà. Quello che la lunga lista di martiri caduti durante questa sollevazione merita da noi è nient’altro che il compimento della rivoluzione.

Pasolini scrisse un saggio su un suo viaggio in America. Quel che lo colpì veramente fu una delle frasi che nessuno pronuncia più ma che furono tanta parte del movimento dei Diritti Civili: “bisogna gettare il proprio corpo nella lotta ”. [15]

I caduti nella lotta gridano vendetta, e dobbiamo vendicare le loro morti. Come Benjamin annota in un passo celebre, “nemmeno i morti saranno al sicuro dal nemico se vince”. [16] Stanotte è la notte per iniziare a fare i conti una volta per tutte, per farla finita con il loro regno vittorioso sul globo, e per lasciare finalmente riposare i morti.

[1] https://www.liberliber.it/mediateca/libri/c/cernysevskij/che_fare/pdf/cernysevskij_che_fare.pdf

[2] https://www.marxists.org/italiano/lenin/1902/3-chefare/cf-index.htm

[3] https://maldoror.noblogs.org/files/2011/07/Tiqqun.pdf

[4] https://www.usatoday.com/story/news/politics/2020/06/10/george-floyd-black-lives-matter-police-protests-widespread-peaceful/5325737002/ & https://www.ipsos.com/en-us/knowledge/society/Protests-in-the-wake-of-George-Floyd-killing-touch-all-50-states

[5] https://en.wikipedia.org/wiki/2020_deployment_of_federal_forces_in_the_United_States

[6] https://www.racialequitytools.org/resourcefiles/mcintosh.pdf

[7] https://youtu.be/MHMeYtYHiKM

[8] https://www.cristorey.net/uploaded/Academics/2019-2020/Summer_Reading/James_Baldwin_Going_To_Meet_the_Man.pdf

[9] https://jacobinmag.com/2019/08/how-slavery-shaped-american-capitalism & https://www.cambridge.org/core/journals/enterprise-and-society/article/slavery/EAF172288A7718B082A074603D149A48

[10] See, Marten Bjork, “Phase two – the reproduction of this life.”  https://www.tillfallighet.org/tillfallighetsskrivande/phase-two-the-reproduction-of-this-life

[11] https://theanarchistlibrary.org/library/the-invisible-committe-to-our-friends

[12] https://www.cdc.gov/cpr/zombie/index.htm

[13] http://www.bopsecrets.org/rexroth/autobio/index.htm

[14] http://www.webdubois.org/wdb-BlackReconst.html

[15] In un articolo apparso su Paese Sera 16 Novembre 1966 come risposta a un lettore, sotto il titolo “Guerra civile”, leggibile qui: https://videotecapasolini.blogspot.com/2014/05/guerra-civile-pier-paolo-pasolini.html

Successivamente nel 1968 riprenderà questo slogan nel discorso ad un gruppo di allievi di don Milani:

[…] voi sapete che c’è un motto meraviglioso, della nuova sinistra americana, in cui si dice che bisogna gettare il proprio corpo nella lotta: ebbene fate conto che, invece che a parlare, io sia venuto qui a portare il mio corpo. P. P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W. SITI e S. DE LAUDE, Milano, Arnoldo Mondadori (“I Meridiani”), 1999, pp. 830-837.

[16] VIII tesi Sul concettio di storia http://www.sciacchitano.it/Tempo/Sul%20concetto%20di%20storia.pdf

4 risposte su “Come sarebbe da fare”

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