Questo mondo in agonia è entrato in un nuovo tempo di morte: un nuovo tempo di guerre degli imperi, quelli che detengono il potere di dare fine al mondo.
Tracciamo questo breve elenco di idee nel 28esimo giorno dell’invasione russa dell’Ucraina. Vanno intese come contributi destinati a essere discussi, corretti e principalmente a trovarne delle messe in pratica senza perdere tempo.
1. Attualmente l’avanguardia del movimento contro la guerra è in Russia, Ucraina e Bielorussia. Proteste individuali e collettive in decine di città, diserzioni, cortei, sabotaggi alle linee ferroviarie dove viaggiano i mezzi militari, attacchi ai centri di reclutamento. Anche nei territori occupati dall’avanzata russa gli abitanti sfidano la macchina bellica protestando con coraggio. Le migliaia di persone arrestate meritano la nostra attenzione e la nostra solidarietà.
2. La Russia e la Cina non sono al di fuori dello schema planetario del dominio capitalista. Affermare che rappresentino un ostacolo alla totalizzazione neoliberista lanciata dall’Occidente è sostenere il falso.
3. Ognuno contro il proprio imperialismo vuol dire contro ogni imperialismo. Stabilire chi tra NATO e Russia ha iniziato prima le ostilità è fuorviante. Non fornisce elementi utili a chi ha a cuore l’internazionalismo, la solidarietà tra le classi subalterne e l’autodeterminazione dei popoli. Rifiutiamo il punto di osservazione che tiene in conto solo le ragioni degli Stati.
4. NATO e OTSC cercano di strutturare e stabilizzare il proprio dominio. Entrambe le alleanze militari aumentano il controllo e la repressione sulle rispettive popolazioni impegnandosi in conflitti aperti, interventi per procura, alleanze o avversità reciproche. Senza la NATO, la tirannia di Putin si ribalta. Senza Putin, la coalizione della NATO crolla.
5. C’è una diversità ontologica e materiale tra chi governa (e chi si identifica col proprio governo), e chi si trova a subire le scelte dei governi e il loro carico di morte, mentre vive e si identifica invece con la vita; e dunque deve scegliere la sua lotta.
6. Va evidenziato il ruolo di gendarme della Russia nello sbocco reazionario delle rivolte e le insurrezioni in Bielorussia (2019/2020) Kazakhstan (2022) e Kyrgyzstan (2020). Queste legittime tensioni sociali nel blocco della sfera d’influenza russa sono state “risolte” dall’intervento boots on the ground delle truppe di Mosca o dall’agitazione del suo spettro (Kyrgyzstan). Gli internazionalisti hanno un occhio di riguardo per le sollevazioni popolari e guardano con attenzione alle dinamiche alle forme organizzative che in esse si esprimono.
7. Tanto più forte è il pugno di ferro tanto più debole è la presa di esso nei fatti. L’arroganza dell’invasore non ha considerato che ci sarà sempre gente disposta a difendere il territorio che abita. La resistenza ucraina a cui volgiamo il nostro sguardo non è quella dell’esercito regolare o quella delle formazioni paramilitari di estrema destra (già ingaggiate da entrambe le parti). Ma quella in tutte le forme e dimensioni di chi ha scelto di resistere, per difendere la propria vita, la propria terra o per poter mantenere aperta la possibilità di lottare un domani.
8. La spirale dell’Infowar è un dispositivo di cattura. In esso prolifera l’assolutismo delle letture geopolitiche. Tifare senza doversi assumere la responsabilità materiale del proprio posizionamento è un privilegio della società e della vita borghese o di un buon posizionamento all’interno della piramide sociale. Chiudiamo Twitter, Telegram, spegniamo la televisione, torniamo ad incontrarci e a parlare nelle strade e nelle piazze. Solo collettivamente si è in grado di produrre una visione del mondo di parte, della nostra parte. Il rumore di fondo giornalistico è nemico della solidarietà internazionalista.
9. Sotto il commento strategico, sotto il discorso dello scontro di interessi tra Stati, si mostra la natura della guerra. Da un lato uccisioni, bambini che si nascondono negli scantinati, famiglie che dormono a centinaia sotto i ponti, mancanza di medicinali, elettricità, sonno. Dall’altro, distanti dal territorio dove si svolge il conflitto, ma nei confini degli Stati che partecipano allo sforzo bellico, c’è l’aumento del costo della vita, razionamenti, propaganda e crescita della repressione interna. E se questa è già la realtà per innumerevoli popolazioni nel mondo, è solo perché la società è organizzata in classi, e il dominio delle classi dirigenti struttura in modo assoluto la “pace” della società.
10. Questa guerra non è come le altre. I parallelismi e la relativizzazione non danno conto della gravità e del cambio epocale. Essa si prepara da almeno 30 anni. L’esistenza stessa delle armi nucleari mette a repentaglio il pianeta. L’incredulità e l’inerzia di fronte alla catastrofe atomica non considerano il fatto che l’occidente non è più centrale. La fede nel fatto che non cadranno mai bombe atomiche su Roma equivale ad affidarsi al buonsenso e al buon cuore delle classi dirigenti. É non capire la differenza tra te e un ricco capitalista. Lui ha un altrove. Noi no.
11. L’antinazismo e l’antifascismo istituzionali sono sempre strumenti di propaganda al servizio degli interessi padronali, qualsiasi Stato ne faccia uso. Sia che parli di denazificazione dell’Ucraina sia che parli di fermare l’avanzata del “nuovo Hitler” Putin. Poco o niente hanno a che fare con la fratellanza e la sorellanza umana. Servono le guerre, gli imperialismi e la militarizzazione: nessun margine di convenienza proletaria può prodursi nella propensione all’uno o all’altro discorso di propaganda bellica. Al contrario, solo la solidarietà e la complicità tra le resistenze aprono a un miglioramento della lotta mondiale contro il fascismo. Perché solo attraverso la solidarietà e la complicità ci confronteremo con il nostro compito specifico di creare il reale stato d’eccezione: la rottura reale della pace sociale che sostiene la guerra degli imperi e la comune rovina del pianeta.
12. Sviluppare strategie di lotta e di opposizione alla guerra significa fare i conti con i rapporti di forza che si è in grado di produrre e le opportunità che si è in grado di cogliere nel luogo dove si agisce. Se ci fosse un movimento in grado di farlo, sarebbe anche in grado di cogliere in maniera inequivoca i bisogni degli sfruttati e di mettere in campo una strategia volta a individuare le giuste priorità. Mentre il grosso del dibattito interno al residuale movimento rivoluzionario occidentale riesce raramente a travalicare l’alienazione data dalla sua posizione marginale, e a delineare una prospettiva all’altezza dei tempi.
Antiautoritari per la Solidarietà Internazionale
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Una risposta su “Dodici tesi sulla guerra in corso”
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